Formazione e Supervisioni
Formazione
Fare formazione è un’espressione che può significare molte cose diverse e assumere differenti forme, a seconda degli specifici ambiti e soggetti a cui è rivolta.
La formazione di cui ci occupiamo può riguardare, ad esempio, le attività pratico-cliniche svolte dagli allievi psicoterapeuti durante il tirocinio, interventi psicoeducativiper gli operatori del settore socio-sanitario-assistenziale, percorsi di sviluppo delle competenze comunicative/relazionali per contesti personali e professionali.
Ciò che rimane invariato è il nostro modo di intendere la formazione: in armonia con i principi della terapia della Gestalt e con i valori che ispirano Poiesis, riteniamo che essa si realizzi in un’esperienza di crescita di natura dialogica e co-creata, ossia resa possibile da formatori e formandi insieme, in quanto parti di un unico processo di trasformazione che coinvolge entrambi e che si attua nell’incontro.
Il bisogno “formativo” della persona – qualunque sia l’ambito in cui si colloca – è per noi espressione del suo tendere-verso-il-cambiamento, della spinta ad andare oltre la ‘forma’ raggiunta oggi per dare spazio e realtà alle possibilità evolutive in divenire.
La novità di cui l’incontro (formativo) è portatore sprigiona opportunità inedite: la percezione di sé e degli altri si modifica, e questo nuovo ‘sentire’ arricchisce e cambia il modo in cui la persona abita il proprio contesto di riferimento e si muove in esso. In tal modo, il processo formativo in realtà non rimane confinato entro il tempo e lo spazio in cui prende avvio ma continua anche dopo e altrove, proseguendo là dove l’esperienza tras-formativa della persona verrà trasferita e rinnovata, portando novità germinative negli incontri tra sé e gli altri, all’interno del proprio ambiente di vita.
Supervisioni
“Essenzialmente, non è possibile imparare a fare terapia leggendo un libro, guardando un video, lavorando al computer o stando in uno studio, ma si impara profondamente a fare terapia da altre persone.” (Smith, 1990)
La supervisione è un momento essenziale di ogni percorso terapeutico, fornisce e garantisce uno sfondo, un terzo a cui la terapia si àncora. Si impara ad avere cura da altre persone e con altre persone. È su questa sollecitazione che sosteniamo e proponiamo spazi vissuti di riflessione sul nostro avere cura del paziente nel setting terapeutico, dell’ospite in setting comunitari o della persona che come operatori o clinici ci troviamo a sostenere. Spazi in cui, all’interno di un gruppo (sia esso un gruppo di giovani terapeuti, di operatori di comunità, di educatori, etc.) ci si possa prendere un tempo per “avere cura del nostro avere cura”. Ciò significa approfondire le competenze teoriche che ci possano sostenere nell’orientarci e affinare noi stessi come strumento terapeutico, lasciando risuonare il nostro sentire, riattivando spesso, nel setting di supervisione, il campo che si attualizza nel setting terapeutico con il nostro paziente, l’atmosfera specifica che caratterizza lo stare-con quello specifico ospite in un contesto comunitario.
I principali riferimenti teorici che fanno da sfondo alla supervisione che proponiamo sono la psicopatologia fenomenologica, la teoria del campo, la terapia della Gestalt. Ogni partecipante condividerà una specifica storia clinica, descriverà al supervisore e ai colleghi presenti la relazione terapeutica sulla quale ha bisogno di soffermarsi e, oltre al sostegno del supervisore, avrà il prezioso confronto e rimando dei colleghi che arricchisce la possibilità di cogliere tutte le sfumature e complessità del campo terapeutico.
La continuità dei gruppi di supervisione permette anche di accompagnare nel tempo, con aggiornamenti e revisioni, la storia delle singole relazioni terapeutiche o delle storie dei pazienti nei vari contesti di cura; questo crea cornici e sostiene il riconoscimento e la memoria dei cambiamenti, dei momenti critici o di empasse, delle trasformazioni attraversate nel tempo.