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Perché i “Servizi di psicoterapia accessibili”?

Nel 2008 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inserito le attività psicoterapeutiche nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), in questi modo la psicoterapia è diventata una delle prestazioni che il servizio sanitario ritiene essenziale erogare. Nel 2012 l’APA (American Psychological Association), sulla base di una vasta letteratura scientifica, ha emesso un documento ufficiale dove si attesta che la psicoterapia risulta essere una cura altamente efficace e in grado di ridurre i costi sanitari e sociali in modo significativo.

E’ evidente che per poter svolgere attività psicoterapeutica i servizi dovrebbero essere dotati delle risorse (in particolare psichiatri e psicologi abilitati all’attività psicoterapeutica) adeguate alle esigenze del bacino di utenza. Purtroppo non sempre i servizi hanno a disposizione le risorse sufficienti per offrire un servizio di psicoterapia adeguato alle richieste della popolazione.

Inoltre, l’attuale crisi economica, con le conseguenti scelte politico-finanziarie, verosimilmente comporterà una riduzione ulteriore dell’offerta della psicoterapia da parte del servizio pubblico. Per questi motivi, all’interno dei servizi di salute mentale, nonostante l’impegno e la competenza del personale, spesso si riescono ad effettuare solo interventi di urgenza e di cura dei pazienti gravi, delegando inevitabilmente la richiesta di sostegno e cura delle persone con sofferenze emotive meno acute allo psicofarmaco o al medico di base. Questo comporta la conseguenza che il servizio di medicina generale venga sovraccaricato da una richiesta di cura non sempre appropriata alle competenze e alle risorse del medico generalista. Inoltre, occuparsi del disagio psichico in modo tempestivo è un atto di grande rilevanza preventiva rispetto all’evoluzione del malessere e ai costi relazionali e sociali che le conseguenze spesso comportano. Fra le molte voci autorevoli, ricordiamo l’intervista a Giovanni Bollea, padre della neuropsichiatria infantile, nella quale egli sottolinea dell’importanza della psicoterapia come momento fondamentale di prevenzione primaria affermando l’ingiustizia civile della non accessibilità a questa forma di cura da parte di molte famiglie che non possono permettersela. Se la psicoterapia è un “farmaco a rilascio graduale” e quindi richiede tempo e denaro, osservando i dati dalle attuali ricerche, emerge come questa permetta un significativo e sorprendente risparmio economico per quanto riguarda ad esempio la rilevante diminuzione delle spese sanitarie dei pazienti che intraprendono un percorso psicoterapico in termini di ricoveri ospedalieri, farmaci ed esami specialistici.

Infine, ma non ultimo per importanza, consideriamo l’aumento in corso e previsto dell’incidenza del disagio psichico, che assume a volte manifestazioni chiaramente e acutamente cliniche: si pensi alla diffusione della depressione che al momento è al quarto posto fra i problemi sanitari prevalenti al mondo e raggiungerà il secondo posto entro il 2020, dopo le malattie cardiovascolari. Ma dobbiamo anche considerare che altre volte, e sempre più, il disagio psichico si presenta come un malessere diffuso e meno inquadrabile clinicamente: quando la sofferenza si presenta in questo modo può avere conseguenze altrettanto gravi in termini di disorientamento esistenziale, spaesamento identitario, incompetenza relazionale e sociale, fino alla dispersione di progetti e percorsi di vita e ad esperienze gravemente antisociali.

E’ da questi presupposti che nasce il progetto di Servizi di Psicoterapia Accessibili: accessibili nelle tariffe proposte, ma anche socialmente e culturalmente. Lo scopo è di offrire un servizio facilmente fruibile, conosciuto perché inserito in un circuito di rete e partnership con le altre agenzie di osservazione, rilevamento e cura territoriali, capace di modulare l’intervento sulle esigenze della persona e quindi accogliente, visibile e aperto al territorio e alle richieste di sostegno degli abitanti senza barriere o filtri a priori, in grado di fare psicoterapia rispondendo non solo sulla base della variabile psicopatologica, ma tenendo conto anche delle variabili sociali: censo, cultura, contesto di vita, origini etniche, condizioni lavorative. Che sia inoltre capace di rispondere al disagio relazionale diffuso che sempre meno prende la forma di una costituzione psicopatologica specifica, ma che incide profondamente sulla qualità della vita, delle relazioni e della capacità di fare cittadinanza e contribuire alla comunità.